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estratto da "Seguendo la corrente"

UNA MIRIADE DI ADATTAMENTI

La corrente è una forza che tende a trascinare tutto ciò che incontra verso valle. E a questa particolare situazione che tutti gli organismi che vivono nel fiume, da quelli più semplici a quelli più evoluti, si sono dovuti adeguare, mettendo in atto una serie di strategie adattative. Gli organismi microscopici (batteri, protozoi, funghi, alghe incrostanti) colonizzano tutte le superfici sommerse; alcuni sfruttano la loro capacità di secernere mucillagini appiccicose che consentono loro una forte adesione al substrato. Altri, dotati di motilità, riescono a vivere nella parte più bassa dello "strato limite", dove si forma un film di acqua quasi immobile.
Gli ambienti di acqua corrente sono colonizzati da organismi vegetali che occupano tutti i gradini della scala filogenetica. Alcune di esse come le alghe, le epatiche e i muschi occupano tuttora la nicchia ecologica originaria, nel senso che la loro vita, fin dal momento in cui sono comparse sul nostro pianeta, non si è mai svolta in modo diverso da quello che osserviamo ora.
Altre piante, invece, si sono "riadattate" alla vita acquatica. L'evoluzione delle specie vegetali da organismi semplici a quelli più complessi è avvenuta contemporaneamente alla emancipazione dall'acqua (vedi "Dall'acqua alla terra"); perciò la maggior parte delle piante superiori che vivono attualmente nell'acqua hanno dovuto riadattarsi a questo elemento, eliminando alcune caratteristiche della loro struttura originale che sarebbero state un ostacolo nel loro nuovo ambiente, ed aggiungendone altre che facilitassero la loro permanenza in un mezzo tanto diverso da quello precedente.
Tuttavia non sono molte le specie che vivono nell'alveo fluviale, rispetto a quelle che popolano le rive. Le piante acquatiche vere e proprie (idrofite) sono quelle che svolgono tutto il loro ciclo vegetativo, e spesso anche quello riproduttivo, in acqua (Potamogeton, Vallisneria, ecc.); le piante che vegetano sulle sponde e per lunghi periodi dell'anno vengono lambite dalla corrente, sono igrofite (Carex, Sparganium, ecc.).
La vegetazione d'acqua corrente ha dovuto risolvere problemi di natura diversa a seconda della nicchia ecologica che occupa. Alcune piante hanno dovuto imparare a convivere con correnti turbolente, altre con acque debolmente fluenti, altre ancora, quelle che colonizzano la zona ripariale, hanno dovuto fare i conti con le piene e le secche del fiume.
Anche il fondo, al quale la vegetazione deve adattarsi, non è sempre uguale: limi molto fini e scuri sui bordi; al centro, a seconda della maggiore o minore forza dell'acqua, sabbie o ghiaie.
Ma, accanto a queste situazioni difficili, ve ne sono altre che facilitano la vita delle piante; infatti il rimescolamento delle acque ne favorisce l'arricchimento in gas utili alla loro vita e l'incessante movimento permette loro di assumerli con continuità. Altro fattore positivo e costituito dalla temperatura dell'acqua corrente; anche se mediamente piuttosto bassa, non scende praticamente mai al di sotto del punto di congelamento dell'acqua, proteggendo il corpo vegetativo e mantenendo le foglie vitali.
La maggiore difficoltà per le piante acquatiche, quindi, è legata alla loro capacità di resistere alle sollecitazioni meccaniche imposte dal flusso. Gli adattamenti macroscopici comuni a tutte le specie acquatiche riguardano il tipo di portamento dei fusti, delle radici e delle foglie. I fusti hanno reso le loro strutture flessibili e si accrescono allungandosi secondo il verso della corrente (reotropismo positivo), mentre le radici penetrano nel suolo in senso opposto (reotropismo negativo). Le foglie, rinunciando a lamine ampie, sono ridotte in sottili e flessibili lacinie o leggeri e lunghi nastri. Così l'intera struttura portante non rischia, opponendosi alla corrente, di essere divelta e trascinata via, ma, assecondandone i movimenti, fluttua delicatamente senza problemi. Gli apparati riproduttori hanno attuato una notevole serie di strategie, che varia notevolmente da caso a caso. Ce ne occuperemo durante la trattazione delle specie. La portata del corso influisce in modo determinante sulla presenza della vegetazione nell'alveo fluviale. Variazioni stagionali troppo marcate, che lascino scoperti a lungo ampi tratti del fiume non permettono una importante e strutturata presenza vegetale; piene troppo abbondanti comportano notevoli spostamenti di materiali che rischiano di seppellire la vegetazione o di rovinarne la delicata superficie fogliare per abrasione. Altro fattore limitante lo sviluppo della vegetazione è l'ombreggiamento da parte degli alberi che, in alcuni casi, arriva a non permettere la presenza di certe specie vegetali.
Anche l'organizzazione delle associazioni vegetali viene condizionata dal moto dell'acqua. Il letto fluviale, tranne che nell'ultimo tratto, non è colonizzato in modo uniforme dal manto vegetale: si formano, condizionate dai filoni della corrente, delle "isole" di vegetazione. Ogni isola ha la parte sopracorrente più stretta ed è formata solo da fusti subacquei, la parte sottocorrente è slargata ed ospita gli eventuali organi galleggiante delle specie che la compongono. La parte sopracorrente, inoltre, è meglio fissata al fondo, questo per smorzare la turbolenza che si creerebbe intorno alla massa vegetale. Ma se i vegetali hanno dovuto "faticare" così tanto per poter vivere tranquilli in questo ecosistema tanto movimentato, anche gli animali non sono da meno. Esempi di adattamento molto evidenti possono essere osservati nella vasta comunità di invertebrati che popolano i corsi d'acqua. Queste entità animali, ben visibili ad occhio nudo (per questo chiamate macroinvertebrati), hanno perfezionato varie strategie adattative che consentono loro di colonizzare ogni microambiente del corso d'acqua. La maggior parte di essi è costituita da larve di insetti che completano in acqua questa fase del loro ciclo vitale. Vi sono inoltre molluschi, vermi, crostacei, poriferi e briozoi.
I Poriferi e i Briozoi, organismi di origine marina, hanno mantenuto la capacità di vivere ancorati al substrato, riuscendo in tal modo a non essere preda della corrente. Tale scelta è condivisa anche da alcune larve di insetti. La maggior parte dei macroinvertebrati, tuttavia, ha preferito mantenere la possibilità di spostarsi, perché questa presenta più vantaggi per la ricerca di cibo, la possibilità di sfuggire ai predatori, la scelta del rifugio, ecc..
Il rischio di essere portati alla deriva dalla corrente viene ridotto grazie alla forma idrodinamica del corpo di questi organismi. L'appiattimento dorso-ventrale che caratterizza molte larve di insetto, consente loro di rifugiarsi sotto sassi o in anfratti, di spostarsi facilmente all'interno dello strato limite e di sfruttare l'effetto di schiacciamento dovuto alle turbolenze. Il corpo affusolato consente di vincere la corrente e di nuotare liberamente. Le code (cerci) vengono utilizzate come pinne per fornire spinta nel nuoto e come timoni per dare stabilità al corpo.
Molti altri invertebrati hanno sviluppato uncini, unghie, dentelli, ventose che consentono loro di aggrapparsi saldamente alle superfici sommerse. In alcuni casi, come nei ditteri simulidi, l'animale aderisce al substrato per mezzo di un disco adesivo ed è in grado di secernere un filo di seta che serve a mantenerlo ancorato al fondo, nel caso in cui venga strappato dalla corrente; le sanguisughe si spostano per mezzo delle due ventose poste alle estremità del corpo facendole aderire alternativamente alle superfici sommerse; la bocca si apre al centro di una di esse.
Alcuni Tricotteri costruiscono rifugi fissi al fondo che vengono utilizzati come riparo e per raccogliere cibo e catturare prede.
Alla enorme varietà di forme ed adattamenti morfologici degli invertebrati acquatici si affiancano comportamenti tipici facilmente riproducibili anche in acquario. E presente in tutti una forte capacità innata di orientarsi contro corrente (reotassi positiva) che permette loro di sfruttare al massimo i caratteri morfologici. Le planarie, le sanguisughe e quasi tutti gli artropodi delle acque correnti, appena rilasciati in acqua, cercano subito una superficie a cui aderire (tigmotassi positiva). Infine è altrettanto facile rendersi conto di come la maggior parte dei macroinvertebrati fugga la luce (fototassi negativa). Tutti questi accorgimenti sono in funzione dell'ambiente in cui essi vivono, e contribuiscono ad aumentare la probabilità di mantenere una posizione nella corrente e sfuggire ai predatori. Tuttavia è ineliminabile il rischio di essere portati alla deriva. Questo fenomeno presenta, nell'economia di una comunità, degli aspetti positivi; basti pensare alle possibilità di ricolonizzare tratti di fiume che per vari motivi (periodi di secca, improvvise piene, inquinamenti) si siano impoveriti di vita acquatica. La deriva può avere anche una certa importanza per l'approvvigionamento di cibo. Con la corrente il trasporto di materiale da monte a valle è costante; i processi trofici di molti invertebrati filtratori si basano proprio su questo fenomeno. Anche nei pesci, sebbene non sia presente una grande varietà di forme, sono evidenti alcuni caratteri legati all'adattamento alle acque correnti.
Le specie che hanno buone capacità di nuoto, hanno una forma affusolata, compressa lateralmente. Quelle che popolano le acque più turbolente, grazie alla presenza di forti apparati muscolari, riescono a superare rapide e salti d'acqua. Le specie che sono invece adattate a vivere sul fondo, al riparo dalla corrente, hanno una forma più schiacciata in senso dorso-ventrale. Oltre a queste due forme principali, possono comparire specie serpentiformi, come l'anguilla o la lampreda. Altri importanti aspetti dell'adattamento a questo ambiente nei pesci sono connessi con la necessità di mantenere una posizione nel mezzo liquido senza eccessivo dispendio di energia. I pesci dato che, avendo una densità maggiore dell'acqua che li circonda tenderebbero ad affondare, hanno risolto il problema per mezzo di un organo idrostatico che deriva da un diverticolo del faringe: la vescica natatoria. Essa contiene un miscuglio di gas, diversi e caratteristici a seconda della specie, dei quali l'animale può modificare il volume; questa bolla gassosa interna viene utilizzata dai pesci in modo che, a seconda del maggiore o minore volume di gas presente, l'animale può salire o scendere senza sprecare energia muscolare.
Spesso i pesci sono costretti a vivere in condizioni in cui, per l'elevata torbidità delle acque, non è più sufficiente la sola vista. Per questo si sono sviluppati altri canali sensoriali come l'organo della linea laterale, composto da una serie di recettori posti lungo i lati del corpo, che consentono di rilevare le vibrazioni del mezzo causate da altri organismi in movimento e forniscono agli animali informazioni tattili sull'ambiente che li circonda.