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estratto da "Le stagioni del bosco"

Premessa

Il bosco ha da sempre rappresentato per l'uomo uno spazio di volta in volta pauroso, ambiguo e affascinante col quale ha dovuto misurarsi. Così nel bosco si sostanziano strani e orrendi animali, si custodiscono tesori e segreti; le fate si mostrano in varie forme e le streghe lo scelgono per i loro sabba. Il bosco e le piante hanno dato origine a miti e leggende che spesso emergono dall'etimologia dei loro nomi. Con il bosco e con le piante l'uomo, fin dalla sua preistoria, si rapporta sul piano della fantasia, creando un mondo irreale dove può vivere esperienze altrove impossibili, e dove riaffiorano dall'inconscio ancestrali paure; è questo il luogo in cui l'uomo ha trovato e trova una fonte di rafforzamento, e un mezzo di iniziazione spirituale non mediato dalla civiltà.
Artemide e Dioniso rappresentavano, per il mondo ellenico, due differenti identificazioni ideali con la foresta, madre e matrice di innumerevoli forme (specie) e antagonista della civiltà. Artemide cacciatrice percorreva le selve col suo seguito di Ninfe, il vendicativo Dioniso con le Ménadi. Anche per il popolo cristiano la foresta è luogo di demoni, ma anche luogo di penitenza e di contemplazione. Gli eremiti vi si autoemarginano per attingervi nuove forze. Lo stesso Paradiso terrestre viene raffigurato come una grande e benigna foresta.
Il bosco quindi, nel nostro immaginario, diviene un riflesso degli stati d'animo che ci percorrono. Gli stessi luoghi possono darci sicurezza o timore; ciascuno di noi vive l'esperienza della selva in modo diverso. L'improvviso trillo di uno scricciolo può farci sussultare o sorridere; una ragnatela evidenziata da una lama di luce al tramonto può farci rabbrividire o incantarci: suggestioni tanto diverse quanto lo è il nostro animo o la nostra sensibilità. Satiri, Fauni, Sileni, Centauri, Nani, Fate, Streghe sono materializzazioni fantastiche del nostro modo di vivere un ecosistema che, avvolgendoci, può soggiogarci in modi estremamente differenti.
Le arti hanno subito il fascino degli ambienti in modo difforme: gli ambienti d'acqua hanno ispirato la maggior parte dei pennelli, le selve le penne dei romanzieri. Il bosco insomma non è solo un bio-topo, ma un topos della letteratura di tutti i tempi. Innegabile è anche la carica metaforica che questi ambienti hanno sul linguaggio quotidiano e sui modi di dire: "cacciarsi in un ginepraio", "sottobosco culturale", "darsi alla macchia" sono espressioni familiari, con significati precisi che prescindono da quello letterale.
Altro aspetto importantissimo su cui vale la pena soffermare l'attenzione è quella cultura informale, non scritta, risultato dello stratificarsi delle esperienze quotidiane della civiltà contadina e pastorale, che ci è giunta suddivisa in "materie" che hanno un attributo comune: tradizionale. Abbiamo così la cucina tradizionale, le usanze tradizionali, gli usi tradizionali delle erbe, e così via. Esaminando ciascuna delle "materie", ci accorgiamo che hanno un comune denominatore: la conoscenza intima e minuta delle essenze silvane. Questo tipo di conoscenza permetteva un ampio sfruttamento di questi ambienti senza che ne fossero degradati.
Si chiederà però chi ci legge perché iniziare un volume, che si occupa degli ambienti forestati da un punto di vista ecologico e naturalistico, con queste riflessioni "fuori tema"; l'ecosistema che esamineremo è anche tutto questo, e quando si andrà per boschi (noi speriamo con questo volumetto in mano) a cercare di decifrare i motivi di alcune associazioni vegetali o a seguire le tracce di un cinghiale, potrebbe capitarci, non riuscendo a spiegare e capire tutti i fruscii ed i movimenti intorno a noi, di non poter fare a meno di credere che un dispettoso Fauno stia prendendosi gioco dei nostri sensi.... Crediamo sia questo il giusto approccio per capire a fondo l'essenza di un habitat tanto complesso. Nessuno di noi, pensando al folto degli alberi, riesce a prescindere da immagini a cui siano estranei Robin Hood, i briganti borbonici o la Bella Addormentata, e dunque perché rinunciare ad un bagaglio culturale tanto ricco? Scopriamo le leggende che si celano nei nomi di molte specie; cerchiamo i rimedi che alcune essenze possono contenere; chiediamo alle nostre nonne qualche ricetta dei tempi in cui anche il ritmo della vita era scandito dalle stagioni: ci accorgeremo che tutti questi aspetti si ricomporranno come le tessere di un mosaico.
Per finire, desideriamo ricordare che questo lavoro intende essere un piccolo contributo a quella cultura ambientale che non significa "moda dell'ambiente" (quella moda per cui perfino i detersivi aiutano la natura!), ma un invito ad una osservazione attenta di quelle logiche naturali fatte di risparmi e di riutilizzi, le stesse logiche che si riflettevano nei mille piccoli gesti delle nostre nonne e che la civiltà dei consumi ci ha abituato a considerare superate. Ebbene, se riusciremo a far comprendere anche una sola di queste logiche, tanto da indurre qualche lettore a farla propria, avremo contribuito al raggiungimento di due grandi obiettivi: migliorare la qualità della vita di noi tutti e rivoluzionare il sistema che ci ha visto finora come la specie pił rapace del nostro pianeta. A questo punto crediamo utile spendere alcune parole sulla struttura del volume e sulle scelte di fondo che l'hanno determinata. Cominciamo dal nome: perché Le stagioni del bosco? Perché il bosco, a nostro giudizio, è l'ecosistema delle stagioni per antonomasia; perché l'alternarsi delle fioriture e delle fruttificazioni scandisce in modo inequivocabile il passare del tempo. Inoltre, dato che questa pubblicazione è parte integrante di un pił vasto progetto di educazione ambientale, vogliamo suggerire uno spunto didattico che gli autori hanno già efficacemente sperimentato: partire dall'osservazione delle stagioni, per arrivare con le classi ad un discorso pił vasto e completo che abbia come oggetto l'ecosistema forestato. Per quanto concerne invece l'articolazione del testo, teniamo a precisare che la molteplicità degli ambienti forestati, caratterizzati da spiccate peculiarità, non poteva evidentemente trovare spazio in un volume di queste dimensioni; e d'altronde queste pagine non sono state pensate come un mini-trattato sulle aree forestate, ma desiderano invece essere una piccola guida che aiuti a chiarire come funziona un ecosistema forestato. Ci siamo quindi posti il problema da un punto di vista qualitativo, non quantitativo; abbiamo preso in esame solo le specie pił comuni che, come negli altri volumetti di questa collana, sono state sistemate nelle tavole in modo da rendere facilmente leggibile il nesso che lega ciascuna specie alle altre.
Per quanto riguarda gli habitat, abbiamo ritenuto opportuno descrivere la macchia sempreverde e i boschi decidui. E' evidente che essi non potranno dare che una pallida idea delle innumerevoli biocenosi presenti anche soltanto in provincia di Lucca. Basteranno però a mostrare come, in ogni caso (anche se le combinazioni fra le specie floristiche e faunistiche sono tante quante le combinazioni fra clima, suolo, altitudine, esposizione, ecc.), l'organizzazione generale e i meccanismi fondamentali che li regolano siano sostanzialmente gli stessi.
Abbiamo scelto la macchia sempreverde e i boschi decidui perché sono le biocenosi pił facilmente individuabili, rispettivamente nelle zone costiere e in quelle pił interne; sarà compito dell'attento lettore accorgersi che in zone come quella della Macchia Lucchese queste due biocenosi si alternano. Lo confortiamo subito però, asserendo che comunemente questo non accade: la Provincia di Lucca non a caso comprende territori di interesse naturalistico internazionale! Chi vorrà comunque approfondire questo o quell'aspetto, potrà utilizzare l'ampia bibliografia che si trova in fondo al testo. Abbiamo completato il testo con un glossario illustrato, per evitare che alcune parole poco chiare ai lettori meno esperti possano costituire una sciocca barriera fra chi scrive e chi legge.